Cognitive Functional Therapy (parte 3)

Ecco giunti all’ultima puntata di questa serie. Pubblicata in ritardo per via dei miei impegni personali e non certo per colpa degli autori che mi avevano già mandato tutto abbondantemente per tempo.

Ci sono state diverse discussioni sui social in merito all’approccio clinico basato sull’evidenza; se sia corretto o meno e sui limiti dei lavori scientifici. L’argomento necessita di un lungo approfondimento a  se stante perchè ha notevoli implicazioni e mi riprometto di farlo in seguito. Purtroppo vedo quotidianamente come anche molti colleghi di altre brache, che fino ad adesso erano immuni dalla pseudoscienza, con l’avvento di internet e con al diffusione delle fakenews fanno fatica ad orientarsi in questa confusione. Vale qui la pena far notare che l’EBM (evidence based medicine) rimane un prodotto dell’essere umano, e come tale non è scevro da limiti e difetti. Tuttavia, brevemente, mi piace parafrasare Winston Churchill e dire che “la pratica basata sull’evidenza è sicuramente il peggior modo di fare pratica clinica….. a parte tutti gli altri modi provati fino ad adesso”. Non è un caso  che l’approfondimento qui sia sulla CFT perchè l’approccio è sostenuto da diversi RCT di alto livello ed è attualmente da considerarsi il gold standard per lo meno per la lombalgia (questo per rispondere a chi dice che si vuole demonizzare solo e che non si propongono alterative che hanno evidenza).

Ma ora lascio la parola a Lisa che ci evidenzia un caso clinico volutamente opposto a quello presentato da Luca (che trovate qui, mentre il primo capitolo della serie lo trovate qui)

CASO CLINICO 2:

Uomo di 48 anni, tecnico elettronico e imprenditore nella sua ditta. Andava in palestra tre volte a settimana per una sessione di pesi prima di questo episodio di mal di schiena. E’ sposato con due figli.

Dolore lombare da 4 mesi che dolore anteriore sulla coscia dx e nell’inguine (testicolo omolaterale), non lamenta presenza di formicolii, alterazioni di sensibilità o di forza.

Compilazione dell’Orebro Short Form: punteggio totale 53, da evidenziare le voci “Riesco a dormire di notte” no 10/10, “visione che il dolore diventi persistente” rischio molto alto 7/10, “un aumento del dolore è un’indicazione che dovrei fermarmi finché il dolore diminuisce” completamente d’accordo 10/10”

ESAME SOGGETTIVO:

Terapista: “Qual è in questo momento il suo problema principale?”

Paziente: “eh, il mio problema è L4/5”

T: “In che senso L4/L5?”

P: “Eh, ho un’ernia su L4/5, il neurochirurgo mi ha spiegato che questa spinge e che mi provoca il blocco alla schiena. Mi ha già fatto un’infiltrazione di Ozono, ma secondo me non ha aiutato..”

T: “ok, quindi sente dolore alla schiena?”

P: “Si, in agosto mi sono bloccato scendendo dall’auto e da allora non è passato. Mi prende la gamba davanti e anche il testicolo destro”

T: “Mi spieghi meglio, come è iniziato il problema?”

P: “Una mattina di agosto ho fatto dei lavori piegato e in una posizione strana, poi sono tornato in ditta e nello scendere dalla macchina mi sono accorto che non riuscivo a raddrizzarmi, completamente bloccato. Per più di una settimana non riuscivo a muovermi, sembravo ingessato. Sono andato in vacanza e stavo bene solo in acqua se mi lasciavo galleggiare.”

T: “Quanto è durato questo “Blocco”?”

P: “ Quasi due 2 settimane, poi sono andato dal medico perché non ce la facevo più e il medico mi ha inviato dal neurochirurgo che mi ha fatto l’infiltrazione di Ozono. Al momento non ho sentito nessun cambiamento. Il dolore era uguale. Dopo 3 settimane ho iniziato a stare meglio”

T: “ok, quindi secondo lei ha avuto qualche beneficio da questo trattamento? ”

P: “Secondo me no, anche se il neurochirurgo mi aveva detto che ci sarebbe voluto tempo prima di sentire l’effetto. Magari l’effetto è arrivato più tardi”

T: “Quindi cosa le ha spiegato del suo problema? cosa le ha suggerito di fare?”

P: “eh alla fine della seduta (dopo aver pagato 200 euro) mi ha detto che se non fosse passato il dolore mi avrebbe fatto un’altra infiltrazione per disidratare bene il disco..eh..ma io non voglio che mi disidrati il disco..”

T: “ Cosa pensa che possa succedere se il disco si disidrata?”

 P:” eh..secondo me se il disco è disidratato a lungo andare mi puo’ creare dei problemi, non voglio farmi fare un’altra infiltrazione.”

T: “ Bene, le hanno spiegato che avere degenerazione o disidratazione del disco puo’ essere del tutto normale? Lo sa che hanno fatto molti studi su persone senza dolore in cui hanno analizzato la loro risonanza magnetica? ciò che hanno visto è che è molto frequente avere degenerazione del disco o erniazioni e non avere nessun sintomo! Ecco le mostro gli studi..”  (vedi figura 1)

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P: “Ah..no, nessuno me l’ha detto. Quindi puo’ essere comune?”

T: “Sì, come i capelli bianchi..anche all’interno del nostro corpo ci sono aspetti che cambiano ma non vuol dire che siano patologici. Tante volte ciò che si vede sulla risonanza magnetica non spiega il mal di schiena del paziente”

P: “Ah..certo ho capito”

T: “Torniamo al suo problema, mi ha detto che c’è stato questo blocco in agosto. Secondo lei, come mai è avvenuto?”

P: “boh..probabilmente perché sollevo pesi sul lavoro. Mi hanno detto che è dannoso per i dischi.”

T: “Quindi le è capitato ancora di sentire dolore sollevando dei pesi?”

P: “No..in effetti non mi è mai capitato. Ricordo di essere stato in una posizione storta a lungo per fare un lavoro e poi dopo aver guidato ed essere uscito dalla macchina non mi raddrizzavo”

T: “Bene, ciò che è avvenuto alla sua schiena puo’ essere simile ad una distorsione di caviglia, le è mai capitato di avere una distorsione?”

P: “Sì”

T: “Cosa era successo?”

P: “Beh, si era gonfiata e non riuscivo a camminare”

T: “Poi cosa è avvenuto?”

P: “Beh, dopo un po’ è passato e ricordo che potevo muovere e camminare e poi fare tutto”

T: “Ecco, così è quello che mi ha raccontato della sua schiena, c’è stato il blocco, poi dopo due settimane è riuscito a riprendere a lavorare ed ora come lei mi ha spiegato sta meglio rispetto a tre settimane fa”

P: “Eh sì..quindi il fatto che sia stato meglio dopo 3 settimane dall’infiltrazione magari non c’entra nemmeno con l’ozono?..”

T: “Potrebbe essere semplicemente la storia naturale del suo mal di schiena infatti.. Comunque cerchiamo di capire insieme che cosa mantiene ancora il suo dolore. Mi parli di quali sono i movimenti o le posizioni in cui sente il dolore?”

P: “Beh, al mattino alzarmi dal letto e mettermi le calze. Oppure se guido in macchina a lungo, più di due ore”

T: “C’è qualcosa che l’aiuta a stare meglio o a togliere il dolore?”

P: “ Se metto un cuscinetto dietro la schiena quando guido sto meglio, oppure se mi raddrizzo o cammino”

T: “Bene, per quanto riguarda la sua salute, ha altri problemi?”

P: “No va tutto bene. Prendo solo un farmaco da 9 anni perché ho avuto degli attacchi di panico”

T: “Come va il sonno? sul questionario ha scritto che non dorme bene, è legato a qualcosa in particolare secondo lei?”

P: “No, non saprei spiegare, da molto tempo non dormo bene, mi sveglio tante volte durante la notte”

  • Qual’ è il rapporto tra sonno e mal di schiena? quale influenza puo’ avere la storia del paziente sul suo problema? Quanto sono rilevanti questi fattori?

T: “Bene, un’ultima domanda, qual è il suo obiettivo per fare fisioterapia oggi?”

P: “eh..vorrei che mi togliesse il dolore”

T: “secondo lei, che cosa potrebbe fare lei e che cosa posso fare io per il suo dolore?”

P: “Ah, gli esperti siete voi, io mi occupo di antifurti, se mi chiedete qualcosa sui sistemi si sicurezza sono ferrato, ma sul corpo umano non saprei rispondere”

T: “Bene, ora inizieremo a vedere come si muove per cercare di capire come usa la sua schiena e quali sono i fattori importanti”

 

ESAME FISICO:

Il paziente mostra i suoi movimenti attivi. Il sintomo è rievocabile in Flessione e flessione laterale destra. La quantità del movimento attivo è ampia in flessione e in flessione laterale (dx= sx), con un fulcro di movimento nella lombare bassa. La quantità di estensione è molto scarsa, il paziente non è in grado di invertire la curva ma l’estensione non riproduce sintomi.

L’esame neurologico è negativo per sensibilità, forza e riflessi. L’esame neurodinamico è negativo (sia il test Staight Leg Raise che il test Prone Knee Bend non sono limitati ne riproducono sintomi o segni comparabili e la quantità è sovrapponibile tra destra e sinistra= non rilevante).

L’esame dei movimenti passivi fisiologici (PPIVMs) conferma ciò che si è visto nei movimenti attivi: Flessione ampia soprattutto nella lombare bassa, estensione limitata.

L’esame dei movimenti accessori passivi (PAIVMs) riproduce il dolore del paziente sulla schiena su L4, ma il movimento è molto ampio, mentre la zona alta lombare e il passaggio toraco-lombare è rigido.

  • Quale MODELLO potremmo usare per questo paziente nell’analisi del suo problema? Ha senso usare un modello BIOMEDICO (segni e sintomi, ricercare la FONTE strutturale del sintomo) come suggerito dal medico neurochirurgo che l’ha trattato? Vale la pena approfondire il suo problema usando un modello di analisi di movimento (MOVEMENT ANALYSIS) piuttosto che cercare la struttura responsabile del suo dolore? Qual la DIFFERENZA tra questi due modelli di ragionamento?
  • Che quadro clinico riconoscete? Alla fine dell’esame fisico bisogna sempre chiedersi: “DO THE FEATURES FIT?”, la caratteristiche e i segni dell’esame fisico sono logici con il quadro clinico ipotizzato? Qual è il prossimo passo da fare? (pensate ad una mobilizzazione della zona sperando di togliere il dolore o vi serve analizzare qualche altro aspetto fondamentale?)

Il terapista riassume al paziente ciò che ha trovato e passa alle ultime valutazioni per impostare l’intervento:

T: “ La tua schiena si muove molto bene. Come ho potuto testare, non ci sono condizioni particolari: l’esame della conduzione e dinamica del nervo sono completamente negativi, l’esame neurologico è ottimo, ciò significa che non ci sono situazioni di pericolo o che meritino di essere analizzate con altri esami. Ciò che invece è importante è come usi la schiena: il movimento in cui senti il dolore che è il piegarti in avanti e di lato molto ampi. Vorrei quindi fare un ultimo test per valutare com’è la forza della muscolatura della schiena”

Il terapista esegue il test Biering-Sorensen modificato in ginocchio (vedi figura 2) per valutare l’endurance degli estensori della schiena. Il paziente è in ginocchio davanti ad una sedia e deve semplicemente sollevare i gomiti e mantenere la posizione. Il paziente non riesce a farlo e nello staccare le braccia flette molto la zona della schiena.

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P: “ah..mi è impossible farlo! ma sembra così facile! eppure sono abituato a sollevare anche 60 kg in palestra!”

T: “infatti, questo mette in difficoltà la muscolatura della schiena e sappiamo che questo è un fattore che gioca un ruolo nel mal di schiena. Ora proviamo a modificarlo e facciamo questo esercizio”

Il test diventa il trattamento. Il paziente esegue l’esercizio eseguendo isometria (4 tenute x40’’) e poi vengono rivalutati i movimenti che prima creavano dolore.

Il paziente riesce a flettere in avanti e lateralmente senza dolore, la quantità di movimento è incrementata.

P: “AH..ora posso scendere senza dolore!”

T: “Bene, hai capito che se aumenti le capacità della tua schiena, puoi togliere il dolore da solo e insieme possiamo anche rinforzare la muscolatura?”

P: “Sì! Quindi questo lo posso fare per togliere il dolore?”

T: “Esatto, iniziamo da questo esercizio basico che ti aiuta e poi dalla prossima seduta riprenderemo ad usare i pesi, così potrai tornare in palestra

P: “non vedo l’ora! mi stava venendo la pancia a forza di stare fermo” paziente ride!

Alla fine della seduta il paziente e il terapista si siedono insieme e il terapista scrive su un foglio ciò che è importante per il paziente: cosa ha trovato di buono e cosa sembra essere in relazione con il suo dolore. Vengono scritti gli obiettivi : aumentare le capacità, sottolineando i tempi minimi richiesti e scrivendo l’esercizio che il paziente dovrà fare a casa (uguale a ciò che ha fatto in seduta).

NOTA BENE: si prega di evitare di associare l’esempio dell’esercizio descritto sopra e di generalizzarlo come trattamento ideale per altri pazienti. Il razionale di questo esercizio è di lavorare sulle caratteristiche maladattive di questo paziente (incapacità di invertire la curva, associata a scarsa Endurance dei mm estensori della colonna). Tuttavia tutta la seduta è da intendersi come trattamento, a partire dall’intervista fino alla spiegazione finale.

Riflessioni finali:

Quanto peso hanno gli aspetti BIO e quanto peso hanno gli aspetti PSICO-SOCIALI in questo paziente? possiamo capire meglio il suo profilo?

Se pensiamo al modo in cui il paziente usa la sua schiena (modello di MOVEMENT ANALYSIS) il paziente ha dolore il flessione e la flessione è ampia (direzione di movimento che riproduce il dolore è ampia, anche eccessiva)= Potrebbe essere consistente con un pattern di MOTOR CONTROL IMPAIRMENT in Flessione secondo la classificazione di O’Sullivan 2005. Quindi ci sono aspetti Bio su cui possiamo intervenire. Ma l’intervento deve anche mirare agli aspetti psico-sociali che vengono fatti emergere sin dall’intervista.

Per la mia esperienza, riuscire a uscire dal modello Biomedico (signs and symptoms) e passare ad un modello BIO-PSICO-SOCIALE cambia completamente la PROSPETTIVA della seduta e dell’intervento:

  • Cambia l’esecuzione dell’ESAME SOGGETTIVO (sono alla ricerca di potenziali aspetti adattivi o mal-adattivi che possono essere strutturali/loading factors, psico emotivi o sociali)
  • Cambia l’esecuzione dell’ESAME FISICO: non userò test di provocazione o test “strutturali” ma cercherò di capire in che modo il paziente carica o usa la sua schiena: quindi capire la struttura fonte del sintomo sarà la logica conseguenza del modo in cui il paziente usa il suo corpo! il ragionamento è completamente l’OPPOSTO!)
  • Cambia l’esecuzione del TRATTAMENTO: il trattamento sarà mirato a modificare i potenziali aspetti che possono generare, contribuire, mantenere il problema del paziente! Il trattamento mirerà ad incrementare la TOLLERABILITA’ del paziente a fattori fisici e psico-sociali (anche in equipe con altre figure specializzate).

FACILE? Purtroppo no!

Negli ultimi anni il mondo riabilitativo si è concentrato sugli aspetti PSICO-SOCIALI quasi escludendo o in modo paradossale cercando di negare il BIO! Analizzare il paziente in una cornice Bio-Psico-Sociale significa capire quanto peso hanno i singoli aspetti nel profilo di ogni  paziente. Ognuno ha degli INGREDIENTI diversi e si possono combinare in modi infiniti. E’ per questo motivo che è essenziale impostare una valutazione e un trattamento su MISURA.

COSA RICHIEDE AL TERAPISTA?

  • costante interazione con il paziente : il PAZIENTE é AL CENTRO dell’intervento! ..sottile differenza ma penso che sia importante sottolinearla! ..

Certo, è molto più facile somministrare terapie passive e rivalutare il paziente e vedere l’effetto di queste terapie (= paziente e terapista sono completamente PASSIVI!!!).

Puo’ andare bene con alcuni pazienti, ma la maggior parte dei pazienti non capisce cosa facciamo e si fa delle idee/credenze sbagliate eg: il terapista mi ha sbloccato la schiena, mi ha fatto rientrare l’ernia, mi ha sciolto il punto trigger , ha sentito le ossa del mio cranio e il movimento del mio intestino!!! AIUTO MI SEMBRA DI VIVERE NEI FUMETTI..VEDO NUVOLETTE USCIRE DALLA TESTA DEL PAZIENTE!! Se usiamo solo terapie passive, con la maggior parte dei pazienti l’effetto sarà poco duraturo e il paziente ritorna, e ritorna e ritorna.. Buono per il business qualcuno puo’ pensare?!! Forse per un Business miope..è vero che alcuni pazienti vogliono la pillola magica “the magic bullet” ma…. I pazienti sono molto più informati e spesso si rendono conto se gli stiamo facendo spendere soldi inutilmente!

  • Questo approccio implica capacità e conoscenze trasversali “SKILLS”: aspetti clinici, aspetti di capacità tecniche e manuali (saper eseguire un esame approfondito se richiesto), aspetti di conoscenze teoriche aggiornate (che cambiano in continuazione), aspetti motivazionali (Creare SALUTE rassicurando il paziente e sottolineando i fattori positivi anziché sottolineando le strutture o cose che sono sintomatiche..questo meriterebbe altre pagine di discussione e spiegazione!= SALUTOGENESI e non PATOGENESI!), aspetti di adattamento e problem solving (abbiamo a che fare con persone e creare EMPATIA con il paziente puo’ non essere sempre facile! saper modulare la comunicazione e guidare in modo riflessivo il dialogo in modo che sia un apprendimento per il paziente e non che il paziente debba BERE ciò che noi diciamo perché abbiamo fatto un sacco di corsi e appendiamo tutti gli attestati sul muro in modo che il paziente capisca che siamo i migliori!)
  • questo è un approccio EDUCATIVO del paziente : il nostro ruolo è informare il paziente, metterlo a conoscenza di ciò che si sa sul suo problema e come si puo’ affrontare. Richiede capacità critica ed onestà intellettuale da parte del terapista. Come riabilitare abbiamo un ruolo sociale e la responsabilità di creare SALUTE e non MALATTIA o DIPENDENZA dalla RIABILITAZIONE!

fig 3

E con questo abbiamo concluso l’argomento. Certo nessuno qui pensa di essere stato esaustivo, ma il nostro obbiettivo era quello di grattare la superficie ed interessare il lettore per darvi delle linee guida su cosa approfondire.

Commenti e domande sono sempre le ben venute. A presto.

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